venerdì 5 settembre 2014

Recensione: L'uomo di Marmo di Miriam Ghezzi


L'uomo di Marmo
Miriam Ghezzi
Book Salad
€ 14,00
142 pg

In una notte buia e tempestosa alla Galleria dell’Accademia, il destino sembra concedergli un’opportunità, facendogli incontrare un’improbabile fata turchina del ventunesimo secolo, che per la testa ha tutt’altro che fiabe a lieto fine: Vera, ladra e appassionata d’arte, sfiora per un capriccio questo colosso di marmo e se lo ritrova davanti vivo, in carne e ossa, ma senza cuore. Da qui inizia l’avventura di una creatura scolpita nel 1504 catapultata nel Duemila, e di una ragazza che, suo malgrado, si deve fare carico di un uomo di pietra e aiutarlo a diventare un uomo vero.


Quante volte abbiamo visto il David di Michelangelo? Sui libri di arte, sulle guide turistiche, su cartoline o grembiuli osceni, in televisione o dal vivo con il naso all’insù? Ma quante volte lo abbiamo guardato veramente? Studiato la forma del corpo, le dita arcuata, il labbro carnoso, le occhiaie profonde e lo sguardo perso? Vera lo guarda, lo tocca, lo ama e lui prende vita, abbandona il suo piedistallo, il sasso, ma si tiene la fionda, pronto ad iniziare una nuova esistenza.
La ladra e la statua, se non è questa una favola!

Ringrazio l’autrice che mi spedito il suo libro molti mesi or sono ormai, prima del Salone del libro di Torino, eppure solo ora sono riuscita a leggerlo, in un giorno, poche ore, per una favola che sembra già di conoscere ma che non fa mai male ascoltare. Quanti di voi conoscono Pinocchio, ma non quello cinematografico della Disney, quello di Collodi, il primo unico e originale? Il pezzo di legno che alla nascita prende a calci Geppetto ed a scarpate il grillo, che spezza il cuore alla Fata Madrina e scappa nel paese dei balocchi con Lucignolo. Un burattino che si comporta male e quindi non potrà mai diventare un bambino vero con un cuore che batte nel petto. Come l’uomo di latta di Oz, il cui desiderio di un cuore lo porta a seguire Dorothy al cospetto del grande mago.
Il David divenuto di carne di Miriam Ghezzi racchiude in sé l’anima di questi due personaggi. Vera, la protagonista, lo tiene con sé e  cerca di insegnargli a vivere come un essere umano, prima con la pazienza di una madre per un bimbo un po’ discolo e capriccioso che pensa solo alle proprie esigenze. Poi con la complicità di una sorella, un cameratismo che nasce grazie ad un micio e che poi diventa condivisone di abitudini, spazi e incombenze. Ed infine con l’amore di una sposa.  Questa storia scorre fluida, come un piccola favola da leggere la sera prima di addormentarsi, magari mancante di dettagli e avventure, mi sarebbe piaciuto di più conoscere dei viaggi che questa strana coppia ha compiuto nella Serenissima e nella Città Eterna, ma che compensa con lo studio attento dell’evoluzione dei rapporti tra i due personaggi, della metamorfosi di David da semplice pezzo di marmo, che ha passato secoli ad essere adorato, fino a uomo che invece deve imparare a prestare attenzione alle persone che lo circondano.
Vi dirò che sono grata  a questo libro per avermi dato l’opportunità di studiare più a fondo questa statua che ho sempre visto in modo molto superficiale, soprattutto il suo sguardo mi ha colpito, inciso nella pietra ma con una profondità ed umanità inaudite. Più lo guardo e più mi rendo conto che potrebbe essere possibile che dietro quegli occhi, ciechi se vogliamo, possa celarsi un alito di vita pronto ad emergere se solo qualcuno fosse in grado di coglierlo.

In conclusione un libro piacevole in cui si coglie tutto l’amore dell’autrice per l’arte che nel nostro paese viene così scandalosamente trascurata, per cui è necessario qualche titolone  catastrofico per portarla alla ribalta, mentre invece basterebbe prestare attenzione a tutto ciò che di bello abbiamo da sempre sotto gli occhi.

Voto: una favola che prende vita!

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