Qualche giorno fa ho pubblicato la recensione del primo libro di una giovane autrice italiana che ha scelto la strada dell'autopubblicazione, Violet Nigthfall con Beautiful Sin Part. 01 (QUI), dove accennavo alla nuova serie a cui sta lavorando The Lords of the Death il cui primo libro vedrà i natali intorno a febbrario/marzo, con mio sommo piacere e per gentile concessione di Violet, ecco che vi presento non solo la copertina del primo libro della serie ma anche un estratto dal primo capitolo. Quindi ecco a voi
Raven's Claw
The Lords of Death Saga
Violet Nightfall
Uscita febbraio/marzo 2013
Il silenzio avvolgeva tutto come una
pesante coperta invernale.
La notte era tesa; dopo il
tramonto che aveva trascinato con sé quel crepuscolo pagano, gravido di
aspettative e antiche tradizioni, tutto si era fermato, gelato nell’ultimo
istante di vita prima dell’avvento di Samhain.
Ora i cancelli erano aperti, i due
mondi congiunti.
Nella notte più tetra, pulsante di
magia, lontana dalla vita quotidiana della piccola cittadina di Ulldearg, una
ragazza cantava la sua invocazione, ai suoi piedi la salma immobile di un
giovane uomo.
Di una bellezza ultraterrena, alta
e aggraziata, possedeva lunghi capelli biondi, che ricadevano in morbide onde
sul corpo nudo. Come la tela di un pittore, la candida pelle era stata
accuratamente dipinta, un macabro affresco di morte, ottenuto col sangue del
cadavere sotto di lei.
La giovane tremava, in preda alla
magia che le scorreva sulla pelle, lingue di oscurità che la lambivano e
carezzavano come i più accorti tra gli amanti. Sibilavano a contatto con la sua
carne, serpenti del peccato che, al termine del primo atto di quella cerimonia,
veloci come folgori, saettarono via da lei, dirigendosi verso angoli diversi,
dove esplosero, incendiando cinque candele nere.
Dal loro sacrificio prese forma e
consistenza un luminoso pentacolo cerimoniale; la terra iniziò a tremare,
implorando pietà.
«Con carne e sangue, incateno il
vostro potere, imbrigliandolo con la mia mortalità; con aria, fuoco, acqua e
terra, assoggetto lo spirito, piegandolo al mio volere!»
Una dopo l’altra le candele
incrementarono la loro fiamma.
Gli elementi si manifestarono in
quel momento: prima l’aria, un uragano che spazzò l’area circostante il
pentacolo, risparmiando la giovane e il cadavere riverso a terra; portò con se
il torrido fuoco, incendiandosi in un boato terribile e acuto, lasciando il
passo all’acqua che ricadde sotto forma di lieve pioggerellina primaverile.
Ogni goccia che toccava il suolo, dava origine a un piccolo sisma; una catena,
robusta e forte, sfondò il terreno, irruente, risalendo celere il cielo, salda
come la terra dalla quale era stata partorita, vincolo tra mondo mortale e
spirituale.
La ragazza si chinò; brandendo un
coltello d’argento tagliò il palmo sinistro della propria mano. Un rivolo di
sangue scese dalla ferita, irrorandone i contorni. Strinse il palmo
sollevandolo in aria.
Il sangue scivolò sino al polso,
raggiungendo il seno dal quale gocciolò a terra.
La giovane sorrise compiaciuta,
continuando il rituale.
«Nei cinque elementi io fondo il
mio ordine, nella carne e nel sangue scolpisco la maledizione; che le mie
parole mutino in acciaio, catene eterne dalle quali non potrete sfuggire!
Spiriti antichi, incubi della notte io vi invoco; voi, che l’umanità fate
tremare, giungete al mio richiamo, in questo cerchio entrare per mai più
poterne uscire!»
A questo comando si inginocchiò, tremando
un colpo sulla nuda terra che crepò.
Un ruggito squarciò la notte.
Terrificante e iracondo, tuonò come la più tremenda delle tempeste in arrivo.
Il vento s’inferocì sguinzagliando violente raffiche, lasciando che il fuoco le
assaggiasse con voluttuosità, incendiando la natura che acqua e terra avevano
creato.
La catena si mosse, arrotolandosi
su se stessa, un boa di metallo, allargando ulteriormente la crepa che si era
aperta in principio.
L’invocatrice si leccò le labbra,
maliziosa e abbassò il viso per scrutare il suo operato. Lasciva, risalì le
cosce con dita curiose e affamate, prodigandosi in un sospiro eccitato; quello
era il fascino del male, un fascino letale, ma lo faceva per Lui, il suo
perduto amore, morto a causa sua, per colpa del suo nome e del ruolo che
occupava nel mondo.
Sapeva essere sbagliato, la magia
nera non era mai un bene, ma non avrebbe lasciato che qualcuno li separasse.
Oltrepassare il confine della perdizione per amore… sì, era un prezzo
accettabile, sicuramente preferibile a un’esistenza senza di lui.
All’improvviso una voce, dolce e
leggera, superò le rugose urla che provenivano dal ventre della madre terra.
«Coleen!»
Sua sorella minore, Eileen…
sfidando la furia degli elementi tentava di raggiungerla.
Probabilmente sarebbe morta in
quel vano tentativo, si disse Coleen, ma stranamente quel pensiero non le
provocò alcun dolore.
Da quando aveva conosciuto Keeran,
il ragazzo ai suoi piedi, tutto il resto aveva perso importanza; gli amici, la
famiglia, nulla aveva più senso se non lui… e quando era morto una parte di sé
se ne era andata assieme al suo amato. Il destino si era accanito su di lei
nell’unico istante in cui si era sentita finalmente completa e felice.
Nata Reaper, nata sola, sarebbe
giunta alla fine dei suoi giorni sola, perché il fato l’aveva costretta a
mietere la vita di Keeran ancor prima che la sua “stagione” finisse. D'altronde
quello era il suo lavoro, raccogliere anime per la Cupa Mietitrice era del
tutto “normale” per lei, sapeva che prima o poi avrebbe dovuto recidere anche
la sua, ma non così presto, quello non lo accettava.
«Vattene!» Urlò Coleen verso
la sorella.
«Coleen, ti prego fermati! Stai
infrangendo il patto con la nostra Signora, rischi la dannazione!»
Coleen rialzò il viso verso il
cielo. Una nube nera, densa come il catrame, si ammassava oltre la colonna di
luce che si estendeva dal cerchio magico.
Perfetto, pensò censurando le
parole della sorella.
«Coleen, ascoltami! Potremmo
salvarlo, parleremo con nostra madre o con Mona, loro sapranno cosa fare!»
Era inutile, Coleen non ascoltava
le sue suppliche; non vi era solo l’amore a nutrire quella testardaggine, se ne
accorse Eileen quando la sorella si voltò verso di lei.
Il volto sfigurato da una forza
sconosciuta, come se l’oscurità stessa si fosse impossessata di lei. Il potere
che derivava dall’invocazione aveva aperto una porta non solo sul mondo
mortale, ma su Coleen stessa, ora vettore per forze oscure che potevano
dominarla senza fatica.
«Smettila di intralciarmi!» un
fulmine nero, Coleen lo scagliò contro Eileen, sbalzandola all’indietro.
Eileen urlò, schiantandosi sul
tronco di un albero. L’urto le mozzò il fiato, richiamando le lacrime che
indugiarono oltre le palpebre.
In quel momento una mano, enorme e
nera, fumosa e incorporea quanto tangibile e spaventosa, allargò la crepa ai
piedi di Coleen; un mostro, imprecante, madido di rancore e rabbia, si
arrampicò verso il bordo frastagliato, ringhiando di fatica quanto riuscì a
issarsi sulle braccia forti.
Non aveva forma, mutava in
continuazione; poteva tramutare in incubo, in un attimo di follia che spinge
interi popoli gli uni contro gli altri, nella madre che uccide il proprio
bambino o in un grosso animale ricurvo, nascosto nell’ombra, pronto ad attaccarti.
Unico punto in comune tra le sue
molteplici forme, i tentacoli oscuri e viscidi come serpenti, ricoperti da una
sostanza melmosa, simile a nera melassa.
Coleen aveva ripreso a parlare, senza
degnare la sorella di un solo sguardo, rapita unicamente dal mostro.
«Sono stanca di voi, delle vostre
regole, dei vostri doveri! Se dovessi seguire il vostro credo sarei costretta a
lasciarlo per sempre! Me lo avete già tolto una volta, non vi permetterò di
farlo di nuovo!»
«Non è detto, Coleen io voglio aiu…»
«Stai zitta!»
L’ennesima scarica di oscurità
trascinò Eileen e le sue urla nella notte, seguita dalle frenetiche sferzate
d’aria che la schiacciarono a terra, impedendole di respirare. Nonostante
rischiasse di soffocare, alzò il viso. Infilò le dita nel fango, spaccandosi le
unghie, penetrandolo con la carne, marchiando la polvere col suo stesso sangue.
Non poteva lasciare che sua
sorella infrangesse il patto con la Cupa Mietitrice; se un Reaper riportava
alla vita un’anima, poteva dire addio alla propria, nessuna maledizione sarebbe
sembrata severa confronto a ciò che lo aspettava, perché era del Nulla che si
parlava. Un Reaper che contravveniva alle regole imposte per governare
l’equilibrio vita e morte, avrebbe trovato ad attenderlo qualcosa di tremendo;
dopo la sofferenza della carne marchiata dall’ignominia del tradimento, sarebbe
morto, il suo spirito smembrato e disperso per non poter più rinascere, in
nessuna dimensione, in nessun tempo.
Coleen rischiava di sparire, ma
sembrava essersene dimenticata, così come si era dimenticata di Eileen; presa
dall’oscurità che, come il caos primordiale, fermentava dinnanzi a lei, allungò
una mano a sfiorare l’informe ammasso melmoso che la fissava, lasciandosi
afferrare da un lungo e viscido tentacolo che le frustò la carne. Nemmeno un
gemito, un singulto di dolore, nonostante il sangue che sgorgava da quella
nuova ferita, linfa vitale per la creatura che lo leccava avidamente.
«Coleen… ti… prego», uggiolò
Eileen, trascinandosi in avanti, strappando i vestiti nel lento strisciare
verso la sorella.
Non l’avrebbe salvata.
Coleen annuì a un muto ordine del
mostro.
Immediatamente, un tuono sbranò il
silenzio; il patto di Coleen con la Cupa Mietitrice era infranto, poteva
sembrare bizzarro, ma era bastato poco per scindere la sua promessa.
Il vento cessò, spegnendo con un
ultimo alito tempestoso il pentacolo magico. Coleen buttò la testa
all’indietro, iniziando a tremare, febbricitante, gli occhi rivoltati e le
labbra spalancate.
Marchi neri come la notte,
tracciarono vorticose vie sulla carne pallida della Reaper, strappandole un
urlo a ogni nuova circonvoluzione.
Il Mostro attese qualche istante,
poi serrò la presa sul suo braccio, cingendola con nuovi e viscidi tentacoli,
per lambirla completamente.
La stava divorando, urlò la mente
di Eileen, ma l’unica cosa che la ragazza riusciva a fare era tendere un
braccio verso quell’orribile scena, singhiozzando il nome della sorella.
Le ultime parole di Coleen
suonarono leggere come il battito di un passerotto, morbide e lievi. Teneva gli
occhi verdi su Eileen, nonostante guardassero ben oltre i suoi contorni e
sorrideva, in pace, beata come se il dolore non fosse altro che un solletico
tollerabile.
«Salva il mio cuore, riportalo
alla vita. Ti concedo la mia anima e la mia maledizione, l’infinito potere
della mia stirpe e la mia carne. Riportalo alla terra, che possa vivere a
lungo, in salute e prosperità».
«COLEEEEN!!»
La vide morire sotto i suoi occhi,
annientata, sbranata pezzo per pezzo. La carne dilaniata mentre denti
invisibili strappavano muscoli e tendini dalle canute ossa. Un patto col
Demonio avrebbe portato a meno dolore, sia per lei, che era costretta ad assistere
a quello strazio, sia per Coleen che per salvare colui che amava aveva
sacrificato se stessa.
Eileen chiuse gli occhi,
schiacciando il viso sul terreno. Ingoiò polvere e lacrime quella notte,
immagazzinando odori e suoni di un terribile incubo. Svenne poco dopo, fiaccata
dal dolore psicologico e fisico, dovuto anche alle numerose ferite e ossa rotte
delle quali si sarebbe accorta solo successivamente.
In un attimo di lucidità riemerse
dall’oblio; scorse la figura di un uomo, in piedi al centro della scena. Sopra
e attorno a lui, decine di corvi gracchiavano sommessamente; Keeran era vivo e
tratteneva tra le mani una bambina ricoperta di sangue e nero liquido
amniotico.
Eileen ricadde nell’incoscienza,
cullata dai vagiti di quella nuova creatura.
Il clacson di un camion la
trascinò violentemente alla realtà.
Siobhan sbatté le palpebre
assonnate, trovandosi sulla corsia opposta al proprio senso di marcia. Ingoiò
uno sbadiglio e, veloce, raddrizzò la macchina, tornando nella giusta
carreggiata.
Il cuore le era finito in gola,
batteva all’impazzata minacciando di uscirle dal petto; aveva rischiato per
l’ennesima volta di morire, in preda a uno dei suoi sogni a occhi aperti. Le
capitava spesso, fin da bambina, di cadere nel mondo onirico dei suoi incubi,
solo che da quando aveva preso la patente la cosa si era fatta leggermente più
pericolosa.
Passò lo sguardo sullo specchietto
retrovisore, incrociando i propri occhi verdi. Impietose occhiaia rendevano
poca giustizia al volto, smunto e pallido per lo spavento.
«Odio questi incubi», mormorò,
lisciandosi i capelli biondi all’indietro.
Scosse la testa, era pomeriggio
inoltrato.
Ulldearg, un piccolo paesino
irlandese che nemmeno figurava sulle mappe stradali, sembrava più silenzioso
del solito.
Guardò fuori dal finestrino
dell’auto.
Le fronde degli alberi iniziavano
a mutare colore, colpiti da una violenta “forma d’itterizia”; autunnali
streghe, piegavano il tronco verso di lei che tremò, come se non si aspettasse
altro che l’agguantassero con le mani nodose.
Ultimamente i suoi incubi si erano
fatti più frequenti e vividi. Non ricordava mai molto di quei viaggi nel mondo
parallelo dei sogni, ma sulla lingua rievocava sempre e solo il sapore della
persecuzione, come se qualcuno la seguisse, le stesse dietro col fiato sul
collo.
Nelle ultime settimane, per
fortuna o sventura, qualche flash di quegli incubi le rimaneva incollato
addosso, unico rammento di una memoria che probabilmente non le apparteneva;
parti mentali, realtà passate, non sapeva di cosa si trattasse ma era un
fenomeno oscuro, che non accennava ad abbandonarla e mai lo aveva fatto,
probabilmente si sarebbe portata quel cortocircuito nella tomba.
Lentamente girò il volante,
imboccando la strada di casa dove parcheggiò, scendendo dalla vettura. Solo in
quel momento, assaporando sotto i piedi la morbidezza del prato e con l’odore
di terra umida nelle narici, riprese a respirare, lentamente,
tranquillizzandosi.
Sua zia Eileen l’attendeva con una
bella crostata di mele fumante nel forno, canticchiando una delle prime canzoni
degli U2, stonata come sempre.
«Sono a casa!» Con un finto
sorriso, Siobhan annunciò la sua entrata in cucina, rubando un biscotto dalla
teglia bollente posata sul tavolo. Non le avrebbe parlato dei suoi incubi, non
ancora, nemmeno di come l’avesse finalmente riconosciuta in uno di questi e di
come avesse riconosciuto anche sua madre, Coleen.
Di sicuro Eileen ne avrebbe fatto
un caso di stato, o peggio l’avrebbe rinchiusa in manicomio.
La donna si voltò; due splendide
fossette accompagnavano un sorriso dolce e luminoso «Bentornata, tesoro! Com’è
andata al lavoro?»
Siobhan fece spallucce.
Sedendosi al tavolo prese un altro
biscotto, osservando la donna. Era bella, alta e slanciata, dalla pelle color
latte. I capelli castani, ondulati, iniziavano a tingersi di brillanti fili
d’argento; elegante, sempre truccata e vestita in maniera impeccabile, perfino
quando doveva cucinare o andare a dormire. Non ricordava volta in cui l’avesse
trovata trasandata o sciupata… purtroppo dietro ogni perfetto gioiello, c’è
sempre una piccola crepa, magari invisibile e di flebile importanza, ma c’è… il
suo neo erano le cicatrici che le marchiavano il corpo, di poco conto confronto
quelle psicologiche che ancora tentava di ricucire.
«Benissimo! Adoro lavorare alla
caffetteria della vecchia Maire!»
«Hai iniziato da appena una
settimana e già sei in adorazione?»
«Oh si», mandò giù il pezzo di
biscotto che stava masticando, infilandosene immediatamente un altro in bocca
«fa delle torte fantastiche!»
Eileen scoppiò a ridere. Ecco
scoperto l’arcano «Sei troppo golosa, Siobhan».
«Colpa tua che mi hai cresciuta a
torte e biscotti!»
«Allora è un miracolo che tu sia
ancora così magra!» Ribatté Eileen tornando al forno, posando il cucchiaio
di legno che aveva sventolato fino a quel momento.
Siobhan si rilassò, cullata
dall’atmosfera calda e distensiva che emanava la casa, dimentica del freddo
vento che spazzava Ulldearg in quei giorni e degli incubi che le toglievano il
sonno e non solo; ben presto però dovette sfuggire al torpore che l’avvolgeva.
«A proposito… fra poco sarà il tuo
compleanno!»
Siobhan perse un respiro ma annuì
mestamente «Cade nello stesso giorno in cui si celebra Samhain, tra un
mese circa», avrebbe compiuto vent’anni; anche se la ricorrenza richiedeva un
atteggiamento più gioioso di quello che manifestava, non riusciva proprio a
scollarsi di dosso la tristezza.
Non sapeva nulla di suo padre,
probabilmente fuggito alle sue responsabilità perché troppo giovane ma Eileen
le aveva raccontato della morte di sua madre, spentasi nel darla alla luce;
come poteva festeggiare un compleanno, quando sapeva che in quello stesso
giorno aveva perso la possibilità di una famiglia normale?
Beh, non normale, non proprio
almeno, c’erano alcune cose che separavano lei e i suoi parenti dalla “gente
comune”.
«Tornerà a casa anche Aodhan»,
continuò Eileen, sfornando finalmente una fragrante crostata di mele che posò
vicino a sua nipote «l’iniziazione di un Reaper è un evento eccezionale, da non
perdere».
Siobhan alzò lo sguardo,
immergendolo in quello della zia. Mimò un pallido sorriso,
annuendo «Certo».
«Tesoro…» incalzò la donna,
ricevendo in cambio un sospiro.
«E’ tutto a posto zia».
Eileen rimase in silenzio per
qualche istante, combattuta, prima di prendere un coltello e tagliare una fetta
di crostata. La spinse verso sua nipote, sedendosi davanti a lei. Eileen era
una di quelle donne fedeli alla regola “cura lo stomaco e curerai il cuore”, in
poche parole era convinta che con del buon cibo si potesse sradicare anche il
dolore più profondo.
Siobhan non sapeva se veramente
quella formula funzionasse, ma ogni volta che assaggiava uno dei dolci di sua
zia percepiva, a ogni boccone, l’amore traboccante di quella donna per lei,
condito però con una lieve nota di tristezza come se Eileen si colpevolizzasse
per qualcosa. A tal proposito lei non aveva mai domandato nulla, ed Eileen non
aveva tentato alcun accenno. Vigeva un tacito accordo tra di loro, Siobhan non
chiedeva e lei non rivangava vecchi dolori.
Questa nuova serie è ambientata in Irlanda, paese che amo
e in cui, vi confido un sogno nel cassetto, mi piacerebbe vivere.
Che dite vi ho incuriosito?
Lara mi hai incuriosita parecchio; siccome uno dei miei buoni propositi di quest'anno è scoprire più autori italiani credo proprio che lo proveró. :3
RispondiEliminaallora obiettivo raggiunto!!!!
EliminaSembra parecchio interessante e la copertina è veramente bellissima!
RispondiEliminaM'intriga, magari gli darò un'occhiata un po' più da vicino :)
Comunque hai un bel blog; ti seguo :))
ti ringrazio tantissimo!!! anche tu hai un bellissimo blog e ti seguo anch'io!!
EliminaGrazie, grazie infinite a tutte e soprattutto a Lara che oltre a svolgere un lavoro ottimo con le sue recensioni da la possibilità a noi emergenti di ritagliarci un piccolo spazio nel suo blog! Spero di non deludervi e di riuscire a farvi sognare con i miei romanzi!! Un bacio!
RispondiEliminaE' stato un piacere, è bello conoscere nuovi autrici e nuovi libri, sopratutto riuscire ad avere il contatto diretto è straordinario e lo devo al mio piccolo spazietto! spero di poter leggere presto il seguito!
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