Effetto Domino
Edy Tassi
Harlequin Mondadori
€ 12,90
Nascosta dietro l'obiettivo della macchina fotografica, Gloria è sicura di essere intoccabile. E invisibile. Di poter scegliere lei ogni mossa, anche con gli uomini. Seducendoli, amandoli senza inibizioni, e poi lasciandoli prima di poter provare emozioni troppo intense. Prima di poter soffrire. Ma nessuno può sfuggire alla propria storia. E quando il passato la chiama con forza dall'Africa alle sponde scintillanti ed esclusive del Lago di Como, Gloria comincia a seguire le tracce di una verità scomoda, di una storia familiare misteriosa e affascinante. Al centro di tutto c'è l'enigmatica e imponente Villa Visdomini. E un uomo, Marco, che è tentazione pura, pericoloso come il fuoco che divampa tra loro. Questa volta Gloria non può più nascondersi.
Durante il tour stiamo facendo la conoscenza dei vari personaggi che costellano il romanzo, oggi è la volta di Stefano Montanari ed il racconto apparso sul sito di Edy (QUI il sito con sui seguire l'autrice) a lui dedicato
Era difficile continuare a sorridere.
Quelle quattro carte sul tappeto verde del tavolo del Black Jack lo fissavano, come a prendersi gioco di lui, mentre il croupier raccoglieva i gettoni e pagava la vincita al giocatore accanto.
Dieci di fiori, quattro di cuori, due di fiori e dieci di quadri.
Fino alla terza carta aveva sperato. Anzi, ci aveva creduto!
Quando giochi d’azzardo, quando giochi forte come aveva sempre giocato lui, devi crederci nella vittoria, non puoi sperarci. Perché la vittoria e la fortuna stanno con i forti. Con quelli che non hanno paura.
E lui, appunto, fino al due di fiori ci aveva creduto. Poi però era arrivato il dieci di quadri. Quel cazzo di dieci di quadri. E lo aveva fatto sballare.
«Un’altra mano, signore?» chiese il croupier con espressione impassibile.
Era il quinto giro che perdeva e quello stronzo di croupier doveva godersela un sacco. Però gli avevano insegnato a rimanere impassibile. Ci riusciva benissimo.
Stefano Montanari continuò a sorridere. Si portò alle labbra la sigaretta e aspirò avidamente una boccata. Poi scosse la testa.
«No, grazie» rispose, spegnendo il mozzicone nel posacenere. Un filo di fumo salì per qualche decina di centimetri e poi si disperse, mescolandosi al fumo degli altri giocatori. «Vado a prendere una boccata d’aria. La fortuna stasera ha bisogno di rifrescarsi un po’ le idee.»
«Come vuole, signore.»
Stefano scese dal suo sgabello senza guardare i due uomini seduti accanto. Afferrò il pacchetto di sigarette che aveva appoggiato sul tavolo e si allontanò.
I suoi passi erano attutiti dalla folta moquette scura. Le luci discrete bastavano a orientarsi fra tavoli da gioco e divani. La gente parlava poco. Le uniche voci nitide che si levavano a cadenza regolare erano quelle dei croupier, che recitavano le loro formule in francese. Formule che per i giocatori sembravano orazioni.
Dieci di fiori, quattro di cuori, due di fiori e dieci di quadri.
Fino alla terza carta aveva sperato. Anzi, ci aveva creduto!
Quando giochi d’azzardo, quando giochi forte come aveva sempre giocato lui, devi crederci nella vittoria, non puoi sperarci. Perché la vittoria e la fortuna stanno con i forti. Con quelli che non hanno paura.
E lui, appunto, fino al due di fiori ci aveva creduto. Poi però era arrivato il dieci di quadri. Quel cazzo di dieci di quadri. E lo aveva fatto sballare.
«Un’altra mano, signore?» chiese il croupier con espressione impassibile.
Era il quinto giro che perdeva e quello stronzo di croupier doveva godersela un sacco. Però gli avevano insegnato a rimanere impassibile. Ci riusciva benissimo.
Stefano Montanari continuò a sorridere. Si portò alle labbra la sigaretta e aspirò avidamente una boccata. Poi scosse la testa.
«No, grazie» rispose, spegnendo il mozzicone nel posacenere. Un filo di fumo salì per qualche decina di centimetri e poi si disperse, mescolandosi al fumo degli altri giocatori. «Vado a prendere una boccata d’aria. La fortuna stasera ha bisogno di rifrescarsi un po’ le idee.»
«Come vuole, signore.»
Stefano scese dal suo sgabello senza guardare i due uomini seduti accanto. Afferrò il pacchetto di sigarette che aveva appoggiato sul tavolo e si allontanò.
I suoi passi erano attutiti dalla folta moquette scura. Le luci discrete bastavano a orientarsi fra tavoli da gioco e divani. La gente parlava poco. Le uniche voci nitide che si levavano a cadenza regolare erano quelle dei croupier, che recitavano le loro formule in francese. Formule che per i giocatori sembravano orazioni.
Stefano uscì dalla sala e di colpo si trovò immerso nella luce artificiale del lounge bar. Il bancone decorato, i mosaici delle vetrate, i lampadari, tutto scintillava in netto contrasto con il buio e l’ombra della sala da gioco. Sbatté le palpebre e si strofinò gli occhi arrossati.
Una piccola pausa. Un’altra sigaretta. Un po’ d’aria. E la fortuna sarebbe tornata. Il tempo sufficiente per tirare avanti ancora qualche giorno. Poi, anche la fortuna non sarebbe più servita.
«Samuel» con un cenno della testa salutò il portiere che stazionava davanti a una delle uscite dell’hotel, quella che dava sulla piazzetta dominata dall’enorme statua nera di un elefante.
Alla sua sinistra, il cielo sembrava sul punto di aprire le palpebre dopo una notte di sonno, e una lama sottile di luce rosata rischiarava l’orizzonte.
Stefano si diresse da quella parte. Scese i pochi gradini e si avviò lungo il vialetto bordato di siepi. Con due dita frugò nel pacchetto, alla ricerca di una sigaretta. La tirò fuori e se la infilò fra le labbra. Poi fece scattare l’accendino e aspirò l’ennesima boccata di fumo.
Gli piaceva Sun City. Gli piacevano gli alberghi opulenti, la natura selvaggia, quel senso di misterioso e di inarrivabile. Un paradiso nell’inferno dell’Africa.
Dopo tanti anni però, quel paradiso gli era diventato stretto. Non c’erano più grandi alberghi da visitare, casinò da scoprire. Ma per andare altrove aveva bisogno di più soldi. E ultimamente la fortuna avesse remato contro i suoi progetti.
Una nuova boccata di fumo. Socchiuse gli occhi e sollevò lo sguardo verso le stelle che impallidivano pian piano e sembravano come allontanarsi, fino a sparire.
La fortuna era sempre stata una compagna capricciosa. Gli dava tanto, tantissimo in certi momenti. E poi sembrava dimenticarsi di lui.
Fece una smorfia e sollevò il dito medio.
«’fanculo la fortuna.»
Stefano Montanari era un vincente. Solo un vincente vive per vent’anni la vita che aveva vissuto lui. Adesso era arrivato però il momento di cambiare le cose. Di non accontentarsi più. Di cominciare a dettare lui le regole.
A partire dai suoi rapporti con Gloria.
L’aveva lasciata libera di giocare alla piccola fotografa a sufficienza.
A quel pensiero il suo passo si fece più leggero. Di colpo gli sembrò di avere il mondo in mano.
«Invece stringi solo un fottuto pacchetto di sigarette vuoto» ridacchiò fra sé e sé. «Ma non per molto. Non per molto.»
Una piccola pausa. Un’altra sigaretta. Un po’ d’aria. E la fortuna sarebbe tornata. Il tempo sufficiente per tirare avanti ancora qualche giorno. Poi, anche la fortuna non sarebbe più servita.
«Samuel» con un cenno della testa salutò il portiere che stazionava davanti a una delle uscite dell’hotel, quella che dava sulla piazzetta dominata dall’enorme statua nera di un elefante.
Alla sua sinistra, il cielo sembrava sul punto di aprire le palpebre dopo una notte di sonno, e una lama sottile di luce rosata rischiarava l’orizzonte.
Stefano si diresse da quella parte. Scese i pochi gradini e si avviò lungo il vialetto bordato di siepi. Con due dita frugò nel pacchetto, alla ricerca di una sigaretta. La tirò fuori e se la infilò fra le labbra. Poi fece scattare l’accendino e aspirò l’ennesima boccata di fumo.
Gli piaceva Sun City. Gli piacevano gli alberghi opulenti, la natura selvaggia, quel senso di misterioso e di inarrivabile. Un paradiso nell’inferno dell’Africa.
Dopo tanti anni però, quel paradiso gli era diventato stretto. Non c’erano più grandi alberghi da visitare, casinò da scoprire. Ma per andare altrove aveva bisogno di più soldi. E ultimamente la fortuna avesse remato contro i suoi progetti.
Una nuova boccata di fumo. Socchiuse gli occhi e sollevò lo sguardo verso le stelle che impallidivano pian piano e sembravano come allontanarsi, fino a sparire.
La fortuna era sempre stata una compagna capricciosa. Gli dava tanto, tantissimo in certi momenti. E poi sembrava dimenticarsi di lui.
Fece una smorfia e sollevò il dito medio.
«’fanculo la fortuna.»
Stefano Montanari era un vincente. Solo un vincente vive per vent’anni la vita che aveva vissuto lui. Adesso era arrivato però il momento di cambiare le cose. Di non accontentarsi più. Di cominciare a dettare lui le regole.
A partire dai suoi rapporti con Gloria.
L’aveva lasciata libera di giocare alla piccola fotografa a sufficienza.
A quel pensiero il suo passo si fece più leggero. Di colpo gli sembrò di avere il mondo in mano.
«Invece stringi solo un fottuto pacchetto di sigarette vuoto» ridacchiò fra sé e sé. «Ma non per molto. Non per molto.»
Il vialetto davanti a lui si biforcava. Dritto, verso i campi da tennis, a destra verso la piscina.
Stefano accartocciò il pacchetto di sigarette e poi lo lanciò con negligenza in uno dei cespugli. Si passò la mano fra i capelli e la infilò in tasca.
Fissò per un momento il rettangolo quasi fosforescente della grande piscina, che si intravedeva a qualche decina di metri di distanza. L’acqua sembrava una lastra di vetro, ora che nessuno ci stava facendo il bagno.
Gli venne un’idea.
Poteva fare lui un tuffo. Nessuno lo proibiva, no?
Poi ripensò al tavolo del Black Jack e avvertì un piccolo brivido. Come se la fortuna gli stesse inviando un messaggio.
Non perdere tempo con un bagno. Vieni da me. Sono qui, ti sto aspettando.
Si portò la sigaretta alle labbra e socchiuse gli occhi per proteggerli dal fumo. La mano che stava già per slacciare il secondo bottone della camicia si fermò.
Non potevi voltare le spalle alla fortuna, quando ti chiamava.
Lanciò un’ultima occhiata alla piscina e quasi percepì l’impatto fresco dell’acqua sulla pelle. Ma le abitudini sono dure a morire. E il vizio, ancora di più.
Si voltò e subito avvertì un forte dolore alla testa. Di colpo si fece tutto buio e prima di perdere i sensi, Francesco avvertì l’impatto del cranio che si scontrava con le pietre del vialetto.
Stefano accartocciò il pacchetto di sigarette e poi lo lanciò con negligenza in uno dei cespugli. Si passò la mano fra i capelli e la infilò in tasca.
Fissò per un momento il rettangolo quasi fosforescente della grande piscina, che si intravedeva a qualche decina di metri di distanza. L’acqua sembrava una lastra di vetro, ora che nessuno ci stava facendo il bagno.
Gli venne un’idea.
Poteva fare lui un tuffo. Nessuno lo proibiva, no?
Poi ripensò al tavolo del Black Jack e avvertì un piccolo brivido. Come se la fortuna gli stesse inviando un messaggio.
Non perdere tempo con un bagno. Vieni da me. Sono qui, ti sto aspettando.
Si portò la sigaretta alle labbra e socchiuse gli occhi per proteggerli dal fumo. La mano che stava già per slacciare il secondo bottone della camicia si fermò.
Non potevi voltare le spalle alla fortuna, quando ti chiamava.
Lanciò un’ultima occhiata alla piscina e quasi percepì l’impatto fresco dell’acqua sulla pelle. Ma le abitudini sono dure a morire. E il vizio, ancora di più.
Si voltò e subito avvertì un forte dolore alla testa. Di colpo si fece tutto buio e prima di perdere i sensi, Francesco avvertì l’impatto del cranio che si scontrava con le pietre del vialetto.
Piaciuto questo estratto?
continuate a seguire il blog Tour per conoscere
tutti i personaggi.
17 luglio Tappa 1 http://ilcoloredeilibri. blogspot.it/ Gloria Montanari
20 luglio Tappa 2 http://fidibooksblog.blogspot. it Marco Galbiati
22 luglio Tappa 3 http://stellenelliperuranio. blogspot.it/ Stefano Montanari
24 luglio Tappa 4 http:// bookmarksarereadersbestfriends .blogspot.it Francesco Sironi
26 luglio Tappa 5 Karin Locci http://lettriciimpertinenti. blogspot.it/ Giulio Galbiati
Alla prossima tappa!
Buongiorno ragazze! Grazie di avermi dedicato questo spazio, buona lettura a tutte! <3
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